Saturday 2 October 2021

Alceo?!

Oh, adesso apriamo un blog per caricare 'ste traduzioni, e ci mettiamo quando le abbiamo fatte. Le date di tutte. Uuuh… ops! Un sacco di date mancano. Brutt'affare nèh? Hmmm… che possiamo fare… ah! Eureka! Scaviamo tra i vecchi file per usare i metadati delle versioni più vecchie dei file di queste traduzioni per ricostruire il più possibile! Oook… vediamo un po'… ma c'è questo file con tutte le traduzioni e con un po' di info sulle date che non ho messo su… e mi dà delle modifiche al Latino dell'Inno ad Afrodite di Saffo, quindi andiamo ad applicarle… NANI? Questa non si applica, perché il punto dove dovrei modificare è diverso sul blog rispetto a come la modifica dice che è! What the… Beh adesso ricostruiamo e scopriremo. Spero. Proviamo a guardare in giro tra i file… NANI? Ho tradotto Ciàpa la galéina in Milanese? E quando l'ho fatto? Beh sicuramente era nello stage del Giugno 2011, ma chi se lo ricordava più… comunque la modifica inapplicabile è colpa della tesina, dove a quanto pare ho fatto anche questa modifica intermedia che poi si è persa. E dico "anche" per non escludere che ci possa essere altro, perché chissà mai cosa ci trovo in questi 18 file… Minchia me n'ero completamente dimenticato della tesina di maturità su Saffo! Comunque, sia la tesina che Ciàpa la galéina sono scoperte della sera di Domenica 26/9/21. In pratica prima mi ero messo a guardare i file nella cartella del canzoniere, perché le traduzioni di altrui poesie erano pensate come appendice di quello, ed è lì che ho trovato "alcuni email concentrati in un doc", un file word creato in Agosto 2011 e con ultima modifica l'Aprile successivo. Visto il nome, ho cercato tra le mie mail, e spuntano fuori ben tre mail identiche, tutte del 15/6/11, contenenti quella traduzione. Quindi quella è la data. Dopodiché ho cercato "rapide", perché il pezzo modificato che non ho sul blog era "rapide medium tum", e così sono arrivato alla tesina. Ben. E perché ne parlo qui? Beh perché, il mercoledì successivo (29/9/21), ho per caso dato un'occhiata ad uno di quei file, e ho visto una poesia che non riconoscevo… O. MIO. DIO. Sono traduzioni di Alceo in metrica barbara. Ebbene sì. Nella tesina, per la sezione "contesto storico-culturale", avevo fatto traduzioni di 6 (SEI) frammenti di Alceo in metrica barbara, perché contenevano riferimenti politici. Vediamo di elencarli, dando loro titoli di comodo, e dandone i numeri di Voigt (perché il mio Lobel-Page sta a mezza Italia da me, e perché probabilmente sono più o meno gli stessi), e le coordinate su Bibliotheca Augustana, dove stanno tutti tra i frammenti da libri incerti:
  1. "Zeu pater", V 69 (42), BA nr. 7;
  2. "Leptos", V 70 (43), BA nr. 8;
  3. "Deuontos", V 119 (117), BA non esiste;
  4. "Raa tode Lesbioi", V 129 (24A Dl. '44), BA nr. 1;
  5. "Nyn khre methysthen", V 332 (39), BA nr. 6;
  6. "Agnois dysbiotois", V 130b (130, 16-39 LP, also 24B. C Dl.' 44), BA nr. 2.
(Nel seguito includo i metadati dei file nel formato C<data>-<ora>-M<data>-<ora> quando data di ultima modifica (M) e di creazione (C) sono diverse, <data>-C<ora>-M<ora> quando le date sono uguali ma le ore no, e semplicemente <data>-<ora> quando sono tutte identiche, dove le date sono date nel formato YYYMMDD, quindi per esempio il 29/9/21 sarebbe 20210929.) Al che ovviamente mi metto a confrontare i file, e così vedo le seguenti cose:
  1. Nei primi due file, risp. C20120519-2151-M20120520-1610 e 20120520-C1610-M1833, Alceo non c'è;
  2. Nei file 3-4-5, in ordine C20120520-1837-M20120603-1559, 20120603-C1601-M2111, e 20120603-2112, le parti di Alceo sono identiche;
  3. Il file 6, 20120613-0800, salta Alceo completamente, e il 9, 20120613-0813, gli è identico; anche l'8, 20120613-0813, salta Alceo; del resto i file di stessa data e ora paiono essere pezzi di un unico file diviso per qualche ragione;
  4. Il file 7, 20120613-0800, e l'identico 10, 20120613-0813, e anche l'11, C20120604-2149-M20120615-1805, riportano identicamente i seguenti cambiamenti rispetto al 5:
    • La terza strofa di "Raa tode Lesbioi" muta «Ora tu / Con cuor propizio ascoltaci, deh, pregar, / E salvaci di questi affanni» in «Ora voi / Con cuor propizio uditeci, deh, pregar, / Salvateci di questi affanni»;
    • Il primo verso di "Leptos", che sotto numererò come 0, la prima e l'ultima strofa di "Deuontos", l'ultima strofa di "Raa tode Lesbioi", e l'ultima strofa di "Agnois dysbiotois" vengono tralasciate;
    • Il primo verso di "Agnois dysbiotois", originariamente «†Ἄγνοις [δυ]σβιότοις . . ις† ὀ τάλαις ἔγω», diventa «Ἄγνοις [δυ]σβιότοις δ̣υ̣ὶς ὀ τάλαις ἔγω»;
    • Il verso 3 della traduzione muta «E chiamata vorrei sentire» in «E chiamare vorrei sentire» as l. 3 in [11];
    • L'ultimo verso della quarta strofa della traduzione muta «Io vivo e i piè tengo dai mali fuor» in «Io vivo ed i piè tengo dai mali fuor» (cioè e->ed);
    • L'ultimo verso della strofa seguente muta «Di quelle donne, dolce suono inver» in «Di donne di qua, un dolce suono inver»;
  5. I file 12, 20120620-C1753-M2127, e 13, 20120622-C1820-M2215, sono identici all'11 per Alceo;
  6. Il 14, 20120627-1052, cambia le seguenti cose rispetto al 13:
    • "Zeu pater" ha «Per gli eventi, date ci han due migliaia» come secondo verso in luogo di «Per gli eventi, ci han dato due migliaia»;
    • "Leptos" cambia il suo v. 1 da «[λέ]πτως τάδ᾽ εἴπην ὀδ[.]υ[» a «[λέ]πτως τάδ᾽ εἴπην ὄδ[ε] υ[», e di conseguenza l'Italiano «Per dirlo bene …» diventa «Per dirlo ben, lui»; siccome così il greco diventa inmetrico, rigetto la lettura e ritorno a «Per dirlo bene»;
    • Il v. 10 di "Deuontos" muta da «....]υς γ̣......ι σκ̣ο̣πιάμ[ενοι» a «....]υς γ̣ε̣ .... ο̣ἰ σκ̣ο̣πιάμ[ενοι»;
  7. I file 15, 20120627-1119, 16, 20120627-C1820-M1926, e 17, 20120627-1929, sono identici al 14 per Alceo;
  8. Il 18, , per qualche ragione pare essere di nuovo uguale all'1, chissà perché.
Quindi, riassumendo, tra il 20/5 e il 3/6/12 ho avuto l'idea di Alceo, ho preso i testi (suppongo dal Rosati, antologia a mia disposizione nonché nella bibliografia della tesina – non sono i testi di Campbell né di Bibliotheca Augustana, e non ho voglia di controllare tutte le mie fonti del tempo :) ), e ho fatto le prime traduzioni. Tra il 3/6/12 e il 13/6/12, ci sono la prima serie di modifiche sia dei testi che delle traduzioni, vedi sopra, siamo tra i file 5 e 7. La seconda serie di modifiche capita tra i file 13 e 14, quindi tra il 22/6 e il 27/6/12. Il 1/10/21 alle 20:05, penso di cambiare il v. 2 di "Nyn khre methysthen" da «Per celebrar che morto è Mirsilo» a «Per celebrar la morte di Mirsilo», e, per il cambiamento φεύγων->λείπων al v. 11 di "Agnois dysbiotois" (cfr. nota critica sotto), alle 15:32 del 1/10/21 cambio "fuggendo" in "lasciando". Alle 0:50 del 3/10/21 (quindi nella notte tra il 2 e il 3), "nel simposio", al v. 2 di "Leptos", si pluralizza per la modifica di quel verso (cfr. nota critica). Nella stessa notte, alle 1:29, il «…grigia…» del v. 26 di "Raa tode Lesbioi" prende la forma attuale.
Ma l'intro non finisce qui, perché un minimo di nota critica va pur fatta. Allora, indicando Voigt come V e Bibliotheca Augustana come BA e Lobel-Page come LP e Lobel come L:
  1. Il testo di "Zeu pater" è di Voigt, salvo:
    1. Il completamento ἴρ[αν al v. 3, attribuito da V a Wilamowitz o Bowra (che interpretano la "sacra cittade" come Mitilene), o a Pugliese-Carratelli (che ci vedono Sardi), o a Diehl (che ci legge Hiera, segnalato come "oppidulum Lesbi" da qualche scrittore latino); LP legge invece Ἴρ[ας;
    2. Il completamento ἀλώπα[ξ del v. 6, che non è necessario perché ἀλώπα è segnalata come forma di ἁλώπηξ da Esichio; infatti BA non ha questo completamento.
  2. Il testo di "Leptos" è quello di BA (a parte che in BA il v. 6 finisce con Ἀτρεΐδα[ν γάμω] e il v. 8 manca di sottopunti e parentesi quadre), alquanto diverso da V. Note:
    • Il v. 0, che la tesina riporta come «. . . . . . . . . . . .] χ[. .]μ[», apparirà qui come in V;
    • Il v. 1 recita «[λέ]πτως τάδ᾽ εἴπην ὀδ[.]υ[» e poi «[λέ]πτως τάδ᾽ εἴπην ὄδ[ε] υ[», mentre V lo legge «π̣ . [.]τωι τάδ᾽ εἴπην ὀδ . υ .»; ora, la fine la leggerò come V, mentre sull'inizio me ne discosto; infatti abbiamo Diehl che legge il τωι come τως, e segnala che in questo papiro la iota ascritta è omessa (cfr. v. 12), quindi il π̣ρ̣[ώ]τωι di LP sembra improbabile, e un λ̣έ̣[π]τως̣ sembra più plausibile, anche se quella lettera iniziale… boh, la nota di Voigt non ne parla; comunque io mi tengo il λ̣έ̣[π]τως̣;
    • Al v. 2 la lettura di ν̣ alla fine sembra presa da Hunt, anche se lui ci legge un gen. plur., συμποσίων; io seguirò Hunt, e aggiungerò gli opportuni sottopunti, quindi da «ἀθύρει πεδέχων συμποσίω ν[» arrivo a «ἀθύ̣ρει πεδέχων συμποσίων̣ [»;
    • Al v. 3 mi tengo il mio punto alto invece della virgola di V;
    • Al v. 5, il completamento del verso e la lettura della lettera incerta come gamma è di Edmonds;
    • Al v. 6, il completamento è di Hunt, Μυρσίλω guadagna due sottopunti, uno sotto la iota (che non è in lacuna), e uno sull'omega;
    • Al v. 7, Wilamowitz aveva corretto θᾶς->ἆς, ma ora sappiamo che la prima forma è corretta, quindi rimetto la theta iniziale; la lettura delle lettere incerte di ἐπὶ τε̣ύχεα̣[ è di Schmidt, ma ignora una traccia in più dopo l'alfa finale; potrebbe essere ἐπὶ τεύχεσ̣ι̣ (Kamerb.), oppure ἐπιτεύχεας = ἐπιτυχεῖς (Wil. ap. Hunt);
    • Al v. 8, la lettura di α̣ὖ̣ è di L;
    • Il testo del v. 11 è di V ma ἀυάταν non ha senso metricamente, quindi ci metto un bel digamma: ἀϝάταν;
    • Al v. 12, «Φιττάκωι δὲ δίδοις κῦδος ἐπήρ[ατ]ον», aggiusto la notazione critica secondo V.
  3. Il testo di "Deuontos" è quello di V, tranne che V non completa il v. 6 (dove legge υ . in luogo di υς̣), non corregge il v. 7, non completa i vv. 8, 13-14, 17 (dove legge πρόσθε πονήμ̣[ενοι, dividendo cioè le parole in modo diverso), 18 (dove legge il πώποτ' come π̣[ώπ] . τ̣[, e 20, e non corregge τάρβημι->τάρβημμι al v. 15, idea di L che io rigetterò per il post ma avevo accolto per la tesina. Quanto a questi cambiamenti:
    • Al v. 6, ἔπαυσας è di LP e σύνεις di Maas;
    • Al v. 7, la correzione παύσαι<ς> non è menzionata da V;
    • Al v. 8, il completamento κατέχοις è nella stessa situazione, anzi V osserva soltanto che Diehl suggerisce invece κατέχην;
    • Al v. 13, ἀλλ' è di Diehl ed ὄψι di Hunt;
    • Al v. 14, il completamento σκοπιάμενοι è di "olim L.";
    • Tutte le differenze tra il mio v. 17, «Αὖ]τοι γὰρ οἰ̣ τὰ πρόσθ' ἐπονήμ̣[ενοι», e quello di V «. .]τοι γὰρ οἰ̣ τὰ πρόσθ' ἐπονήμ̣[ενοι» sono dovute ad Edmonds;
    • Al v. 18 ἄπ]εσκον è completamento di Diehl (che suggeriva anche ἄρ]εσκον), mentre οὐδέ πώποτ' non ha nome;
    • Al v. 19 ho un suggerimento καρτερ̣[ο fatto solo traslitterato nella traduzione.
  4. Il testo di "Raa tode Lesbioi" è di BA tranne che:
    • I vv. 1-2 non hanno sottopunti su BA;
    • Il v. 2 di BA inizia con ὄρος κὰτ]· · · ·;
    • I vv. 3 e 7 mancano completamente di segni critici e punteggiatura su BA;
    • I vv. 9-11 e 13 non hanno parentesi;
    • Il v. 15 di BA legge «τόμοντες ἀ. . [. . . . . . .]ν . ν»;
    • Il v. 18 di BA finisce con ἐπικ. . ην.
    Sulla base di V, note ed aggiustamenti:
    • Al v. 1, la lettura delle lettere incerte, il completamento, e la correzione sono di Gall., e vanno aggiustate come Ὦ πότνι'] Ἦ̣ρα, τ̣ᾶ<ι>; si noti che il titolo con "Raa" viene da ]. ρα . α, presumibilmente sbattuto insieme da Wikisource Greco;
    • Al v. 2, è di nuovo Gall. a integrare e a leggere le lettere incerte;
    • Al v. 9, una fonte ha άγ̣[ e l'altra α[, quindi tiriamo la gamma fuori dalla lacuna, in quanto evidentemente la fonte che ce l'ha dev'essere più nuova del testo che ho preso io; inoltre, la tau di ἄγ̣[ι]τ̣' è sottopuntata perché così dice V;
    • Al v. 11, la [δ] esce dalle parentesi per ragioni simili a quelle della gamma di cui sopra; il τῶνδε risultante resta tutto certo;
    • Al v. 13, il πεδελθέτω guadagna tre sottopunti sotto le ultime tre lettere;
    • Al v. 15, la penultima lettera del buco dopo ἀμφέν' guadagna un accento acuto, e compare, dalla famosa altra fonte, una nu incerta alla fine del verso; la lettura delle lettere incerte e l'integrazione di ἀμφέν' sono di L;
    • Il v. 18 pare debba finire con ἐπικά̣ν̣η̣ν ἐπικί̣ν̣ην (notare anche il sottopunto sull'eta che guadagniamo da V), completamento irrintracciabile;
    • Al v. 24, ora «τὰν πόλιν ἄμμι δέδ. . . . . ί . αις», a parte mettere δέ̣δ̣[.] . . [.] . ί . αις, potrei seguire Gall e leggere πολίταις, oppure Kanerb., leggendo δό̣λ̣[οι]ς̣ π̣[ρο]ε̣ίπ̣αις, che però ha le lacune troppo lunght;
    • I vv. 25-32, ora «οὐ κὰν νόμον [.]ον. .[ ]. / γλαύκας ἀ[.]. .[.]. .[ / γεγρά·[ / Μύρσιλ[ο», andranno aggiustati secondo V, magari accettando l'integrazione Γλαύκας Ἀ[θ]α̣ν̣[ά]α̣ς̣ di Diehl al v. 26.
  5. Il testo di "Nyn khre methysthen" è di BA, mentre V ha πρὸς βίαν al v. 2, dove L ha suggerito πὲρ = ὐπὲρ «ut evitaretur correptio» (per evitare l'abbreviazione di che? Casomai per evitare l'allungamento da muta-cum-liquida su τινα); io mi tengo l'originale pròs.
  6. Infine, il testo di "Agnois dysbiotois" è di V salvo che:
    • Il v. 1 è diverso: «†Ἄγνοις [δυ]σβιότοις . . ις† ὀ τάλαις ἔγω» e poi «Ἄγνοις [δυ]σβιότοις δ̣υ̣ὶς ὀ τάλαις ἔγω» da me, «Ἄγνοι̣ς̣ . . σβιότοις . . ις ὀ τάλαις ἔγω» da V; ho un completamento (δυσβιότοις di Page, δυὶς non si sa), ci aggiusto la notazione critica secondo V;
    • Il v. 4 usa una sinecfonesi invece di una crasi; non so bene perché; che la crasi si possa confondere con una di ὀ Ἀγεσιλαΐδα?
    • Al v. 6, il -γηρας guadagna una gamma incerta;
    • Il v. 7 non finisce con un punto;
    • La δ' nelle parentesi [] al v. 8 resta una traccia; quella lettura è di Gall.;
    • Il v. 9 ha una virgola invece di un punto alto;
    • Al v. 10 ha dei sottopunti in più «ἔνθα[δ᾽] οἶος», sottopunti che accolgo;
    • Inizia il v. 11 with .[ ]ον; da dove venga il mio φεύγων non lo so, V dice che la traccia iniziale è una chi o una lambda, e suggerisce λείπων/λίπων;
    • Al v. 12, io ho «κρέ̣[σσονα]ς οὐκ ἄ‹ρμε›νον», lei invece «κρ . [. . . .] . οὐκ †ἄμεινο톻; V osserva che κρέσσονας è ritenuto impossibile da L, e che κρόντορας è troppo lungo; la correzione ἄρμενον è di Latte; per la traduzione tocca tenere il mio testo, a meno di inventarsi qualcosa;
    • Sempre al v. 12, lei chiude con un punto alto, mentre io non ho punteggiatura finale;
    • Al v. 15 legge [.]ν̣ dove io ho [.] . ν̣;
    • I vv. 22-23 sono «]σ̣κ̣ . . . ν Ὀ̣λ̣ύ̣μ̣πιοι; / [. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .]» da me e «].[ ´]σ̣κ̣ . . . ν Ὀ̣λ̣ύ̣μ̣πιοι; / ] . . . . . .», tutte cose che accolgo.
Alle 18:05 dell'8/4/22, mentre sistemo il layout del post, mi viene da cambiare celebrar in festeggiar nel penultimo frammento. Bon, detto tutto ciò, vi riporto l'intera sezione "contesto storico-culturale" della mia tesina, con le poesie dentro.


Saffo e il suo contesto storico-culturale
Saffo è una poetessa greca nata a Lesbo nell’età arcaica. S’inserisce nel panorama della lirica. Prima di lei – poco – c’erano stati Alcmane e Stesicoro. Questi però s’erano occupati di lirica corale, cioè di canti composti per coro, che metricamente risultavano composti da strofe, antistrofe ed epodo, la seconda cantata come risposta alle prima e l’ultimo volto a chiudere il componimento. Ella invece, assieme al suo contemporaneo e – forse – amico (si cfr. “Ἰόπλοκ᾽ ἄγνα μελλιχόμειδε Σάπφοι” di Alceo [framm. introduttivo di qui]) Alceo, apre la strada della lirica monodica, ovvero di carmi composti per essere cantata con l’accompagnamento della lira (cfr. «ἄγε δή, χέλυ, δῖά μοι / φωνάεσσά νυ γίγνεο» [Sing to me, o lyre] e «Τάδε νῦν ἐταίραις / ταῖς ἔμαισι τέρπνα κάλως ἀείσω» [Fr. 1.I.vi]), di cui il bàrbiton era una variante locale che produceva suoni gravi. Metricamente parlando, la melica monodica si distingue per strofe ripetute sempre uguali, e brevi, dai due ai tre versi, le più famose delle quali sono quella saffica e quella alcaica. [La Saffica oggigiorno si scrive come 4 versi, ma originariamente gli ultimi due erano uno solo. Non ho idea di quali due della Alcaica fossero uniti.] Inoltre, mentre la lirica corale era scritta in una lingua artificiale che aveva sempre una forte componente dorica, la lirica monodica era scritta nella lingua del poeta, nel nostro caso nel dialetto lesbico, una variante dell’eolico.
Lesbo era una colonia eolica, colonizzata nel II millennio a.C.; fu divisa in vari stati oligarchici (tra i sovrani ricordiamo Melancro, Mirsilo, Pittaco). Lesbo fu famosa nell’antichità soprattutto per la sua intensa attività culturale, e diede i natali a due tra i maggiori esponenti della lirica arcaica greca, ovvero Alceo e la citata Saffo. A quell’epoca i principali centri di creazione e propagazione della cultura erano “circoli culturali” dove poeti e scrittori, tutti provenienti da famiglie facoltose, si riunivano per discutere riguardo temi comuni ed esprimere liberamente la loro vena creativa, chiamati Eterìe (quelli frequentati dagli uomini) oppure Tìasi (quelli frequentati dalle donne).
All’interno di questi circoli elitari, frequentati solo dai loro membri, si respirava un clima di forte armonia e di spiccato senso dell’indipendenza della figura del poeta e della sua superiorità su coloro che non esercitavano l’arte della scrittura. Tanto erano forti i legami che esistevano tra i membri (soprattutto nei tìasi, nei quali le ragazze venivano preparate a diventare future mogli) che, a quanto pare, era diffusa già nell’antichità la credenza (supportata, forse, da Anacreonte) che, all’interno del tiaso, le ragazze consumassero rapporti iniziatici di natura sessuale con le insegnanti, donde il termine “lesbica”.
I principali centri dell’isola furono Mitilene, Metimna (Mithymna), Ereso, Pirra.
Il tiaso (in greco θίασος, thíasos), era un'associazione di carattere prevalentemente religioso che nell'Antica Grecia celebrava il culto di un dio, specialmente quello di Dioniso con processioni, canti e danze generalmente sfrenate.
Il tìaso era in origine, nella mitologia greca, il corteo al seguito di Dioniso, i cui membri più significativi erano le Menadi, o figure demoniache, a metà strada tra l'uomo e gli animali selvaggi, come i Sileni, i Satiri, Pan e i Centauri.
Eracle fece parte del corteo dionisiaco per un breve periodo dopo essere stato sconfitto dal dio in una sfida nel bere.
Più in generale si andò ad indicare con questo termine ogni aggregazione religiosa e di culto protetta dalla legge. In seguito, per estensione, il termine ha indicato raggruppamenti di persone molto eterogenei tra di loro.
La poetessa lirica Saffo fondò nell'isola di Lesbo un tìaso legato al culto di Afrodite. Sacerdotessa del tìaso era Saffo stessa. In questo luogo venivano mandate le ragazze di famiglie facoltose per essere istruite. L'educazione delle fanciulle era finalizzata al matrimonio, e quindi venivano insegnate doti come il canto, la danza, la ricerca della bellezza, la raffinatezza e l'amore. Erano dunque frequenti rapporti di omoerotismo sia tra le allieve del tìaso che tra le singole ragazze e Saffo. Questo rapporto di pederastia era tollerato, anzi incoraggiato nella società della Grecia arcaica e in particolare nell'isola di Lesbo, in quanto si riteneva che fosse una fase propedeutica all'amore eterosessuale del matrimonio. A rapporti simili paiono alludere frammenti quali Γογγύλα, τεθνάκην δ’ ἀδόλως θέλω, Ἄτθι σοι κἄμ’ Ἀ-νακτορία φίλα, φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν, οἰ μὲν ἰππήων στρότον οἰ δὲ πέσδων.
Naturale era che nei tiasi nascessero amicizie, gelosie, rivalità, pettegolezzi, da cui forse la fama di omosessualità che Saffo aveva, ma anche rivalità tra tiasi diversi, come quello di Andromeda, definita «ἀγροΐωτις […] / ἀγροΐωτιν ἐπεμμένα στόλαν» [Secondo frammento qui], che l’ha privata dell’amata Attide (cf. «Ἄτθι, σοὶ δ’ ἐμέθεν μὲν ἀπήχθετο / φροντίσδην, ἔπι δ’ Ἀνδρομέδαν πότᾳ» [Secondo frammento qui] e, probabilmente, «Ἔχει μὲν Ἀνδρομέδα κάλαν ἀμοίβαν» [1.E.v]), e di Gorgo - «μάλα δὴ κεκορημένας / Γόργως» [1.E.viii].
Dal punto di vista storico, Saffo visse nell’età dei tre tiranni lesbici Melancro, Mirsilo e Pittaco, e fu contemporanea di Alceo. Dalla poesia di quest’ultimo e da altre opere possiamo, grazie ad abbondanti riferimenti alla politica, ricostruire la situazione politica del tempo.
  • Melancro – fu rovesciato tra il 612 ed il 609 A.C. da una fazione che, oltre ai gratelli di Alceo, comprendeva; Alceo allora era troppo giovane per parteciparvi attivamente;
  • Mirsilo – non si sa quando giunse al potere ma alcuni versi di Alceo (secondo sotto ["Leptos"]) indicano che il poeta, i suoi fratelli e Pittaco pianificarono di rovesciarlo e che Pittaco poi li tradì; Alceo ed i suoi fratelli fuggirono in esilio (cf. l’ultimo frammento citato sotto nonché i molti in cui racconta di viaggiare – per esempio ἀσυννέτημμι τῶν ἀνέμων στάσιν [V 208a, Campbell 208, Decimo qui] –, forse riferiti al viaggio per l’esilo), ove il poeta scrisse più tardi un carme che invitava a bere per celebrare la morte del tiranno (Νῦν χρῆ μεθύσθην ["Nyn khre methysthen"], incipit ripreso poi dall’oraziano Nunc est bibendum); forse Saffo apparteneva a questa fazione, donde l’esilio di Saffo, e anche la sua ostilità verso la casa di Pèntilo (φιλότατ᾽ ἤλεο Πενθιλήαν [Quarto framm. di qui, v. 3], cf. quando Alceo ne parla in un framm. sotto ["Deuontos", suppongo]);
  • Pittaco – la figura politica del suo tempo, gli furono votati poteri supremi dall’assemblea politica di Mitilene, e pare che abbia governato bene (590-580 BC), e persino permesso ad Alceo ed alla sua fazione di tornare a casa in pace.

Ζεῦ πάτερ, Λύδοι μὲν ἐπασχάλαντες
συμφόραισι δισχελίοις στά[τηρας
ἄμμ᾽ ἔδωκαν, αἴ κε δυνάμεθ᾽ ἴρ[αν
ἐς πόλιν ἔλθην,    4

οὐ πάθοντες οὐδάμα πὦσλον οὐ[δὲ]ν
οὐδὲ γινώσκοντες· ὀ δ᾽ ὠς ἀλώπα[
ποικ[ι]λόφρων εὐμάρεα προλέξα[ις
ἤλπ[ε]το λάσην.    8
Padre Zeus, i Lidi, indignati alquanto
Per gli eventi, date ci han due migliaia
Di stateri, per farci entrare nella
Sacra cittade,    4

Pur non conoscendoci e mai avendo
Beneficio avuto da noi; ma quello, [Pittaco?]
Volpe scaltra, facilità prevista
Sperò celarsi.    8


Presumibilmente il testo si riferisce al piano di cui sopra, in cui Pittaco li tradì. Tuttavia è un’ipotesi, e il testo pare difficilmente ritenibile completo.

].[.]. χ̣ . . . .[    0

λ̣έ̣[π]τως̣ τάδ᾽ εἴπην ὄδ . υ . .[
ἀθύ̣ρει πεδέχων συμποσίων̣ [
βάρμος· φιλώνων πεδ᾽ ἀλε[μάτων
εὐωχήμενος αὔτοισιν ἐπα[    4

κῆνος δὲ παώθεις Ἀτρεΐδα[ν] γ̣[άμω]
δαπτέτω πόλιν ὠς καὶ πεδὰ Μυρσί̣[λ]ω̣,
θᾶς κ᾽ ἄμμε βόλλητ᾽ Ἄρευς ἐπὶ τε̣ύχεσ̣ι̣[
τρόπην· ἐκ δὲ χόλω τῶδε λαθοίμεθ᾽ αὖ,    8

χαλάσσομεν δὲ τὰς θυμοβόρω λύας
ἐμφύλω τε μάχας, τάν τις Ὀλυμπίων
ἔνωρσε, δᾶμον μὲν εἰς ἀϝάταν ἄγων
Φιττάκω<ι> δὲ δίδοις κῦδος ἐπήρ[ατ]ο̣ν̣.    12


Per dirlo bene …
Suona, parte prendendo nei simposii …
La lira; tra quegli stupidi vuoti …
Egli li intratteneva; …    4

Ma quegli, cogli Atridi maritatosi,
Mangi questa città, come con Mirsilo,
Fin quando Ares vorrà darlò a noi; e che
Questa rabbia scordar noï davver possiam,    8

Dall’ira che i cuor mangia calmiamoci,
Dalla guerra civil, che degli Olimpii
Un fe’ iniziar, poter dando a Pittaco,
Che al popol portò grande rovina inver.    8


Pittaco si sposò con la casa dei Pentilidi, discendenti di Pentilo figlio d’Oreste, e pare aver avuto potere insieme a Mirsilo a Mitilene.

τίς τ' ὦ πον[
εἴπη̣[....].[
παρέσκεθ' ὠ̣[
δαίμον' ἀναίτιο̣[ν    4

δεύοντος οὐδέν· καὶ̣ [γὰ]ρ̣ ἀνοιΐ[ας
τὰς σᾶς ἔπ̣[α]υσ̣[ά] σ' ἀλλ' ἔμ̣[ε]θεν σύ[νεις
παύσαι‹ς›, κάκων δε[.....]όντω[ν
αἴ τι δύναι κατ̣έχ̣[οις . .]ο̣.    8

σοὶ μὲν [γ]ὰ̣ρ̣ ἤ[δ]η̣ περβέβα̣[τ]αι χρό[νος
κ]αὶ κάρπος ὄσσ[ο]ς ἦς συνα[γ]άγ̣ρ̣ετ[αι
τὸ κλᾶμμα δ' ἐλπώρα, κάλον γά[ρ,
ο]ὐ̣κ ὀλ[ί]γαις σταφύλαις ἐνείκη[ν    12

Ἀλλ᾽ ὄ]ψ[ι], τοιαύτας γὰρ ἀπ' ἀμπέ[λω
....]υς γ̣......ι σκ̣ο̣πιάμ[ενοι
τά]ρ̣β̣ημι μ̣ὴ δρόπ̣[ω]σιν αὔταις
ὄμφ]ακας ὠμοτέραις ἐοίσαις.    16

Αὖ]τοι γὰρ οἰ̣ τὰ πρόσθ' ἐπονήμ̣[ενοι
ἄπ]εσκ[ο]ν· οὐδὲ π̣[ώπ]ο̣τ̣[....].[
...]η̣κε· καρτερ̣[-? ........]..[
ἀσπ]ασίαν παρεχε̣[    20
E chi …
Dir …
Fornì …
… innocente dio    4

Senza bisogno: infatti da tua follia
Io t’ho fermato; presta attenzione a me
E fermati, dai mali …
Tienti lontano, se puoi …    8

Il tempo tuo infatti passato è già,
E il frutto ch’esso aveva raccolto è già;
Speranza v’è che il tuo tronco,
Bello com’è, porti frutti in copia,    12

Ma tardi; infatti da vite simile
… io temo che,
Cercando i frutti, coglieranno
Grappoli amari ed acerbi ancora.    16

Poiché le cose prima chi sofferì
Si tiene lungi; e mai …
… forte(?) …
Il benvenuto offrir …    20


Forse si riferisce a Pittaco, che governò equamente, permettendo il ritorno di Alceo, che probabilmente, dopo la poesia di prima, che dice di un’ira verso Pittaco, ebbe un ripensamento e divenne favorevole, e quando Pittaco smise di governare gli dedicò questa poesia.

[Ὦ πότνι᾽] Ἦ̣ρα, τ̣ᾶ<ι> τόδε Λέσβιοι
ὄρο]ς̣ κ̣ὰ̣τ̣ εὔδειλον τέμενος μέγα
ξῦνον κά[τε]σσαν, ἐν δὲ βώμοις
ἀθανάτων μακάρων ἔθηκαν    4

κἀπωνύμασσαν ἀντίαον Δία
σὲ δ᾽ Αἰολήιαν [κ]υδαλίμαν θέον
πάντων γενέθλαν, τὸν δὲ τέρτον
τόνδε κεμήλιον ὠνύμασσ[α]ν    8

Ζόννυσσον ὠμήσταν. ἄγ̣[ι]τ̣᾽ εὔνοον
θῦμον σκέθοντες ἀμμετέρα[ς] ἄρας
ἀκούσατ᾽, ἐκ δὲ τῶνδε μόχθων
ἀργαλέας τε φύγας ρ[ύεσθε·    12

τὸν ῎Υρραον δὲ πα[ῖδ]α πεδελθέ̣τ̣ω̣
κήνων Ἐ[ρίννυ]ς ὤς ποτ᾽ ἀπώμνυμεν
τόμοντες ἀμ̣φ̣[έν᾽ . . . .́ .]ν̣ . ν̣
μηδάμα μηδ᾽ ἔνα τὼν ἐταίρων,    16

ἀλλ᾽ ἢ θάνοντες γᾶν ἐπιέμμενοι
κείσεσθ᾽ ὐπ᾽ ἄνδρων οἲ τότ᾽ ἐπικά̣ν̣η̣ν
ἤπειτα κακκτάνοντες αὔτοις
δᾶμον ὐπὲξ ἀχέων ῥύεσθαι.    20

κήνων ὀ φύσγων οὐ διελέξατο
πρὸς θῦμον, ἀλλὰ βραϊδίως πόσιν
ἔ]μβαις ἐπ᾽ ὀρκίοισι δάπτει
τὰν πόλιν ἄμμι δέδ. . . . . ί . αις    24

οὐ κὰν νόμον [.]ον̣ . .[ ].́[
γλαύκας Ἀ[θ]α̣ν̣[ά]α̣ς̣ [
γεγρά·[
Μύρσιλ̣[ο    28

. . .].[


.] . . [
O diva Era, i Lesbi su questo ben
Visibil monte un grande fondarono
Comune tempio e, dentro, altari
Posero sacri agli dèi beati    4

E definiron Zeus dio dei supplici
E te l’Eolia piena di glorïa
Di tutti madre, e infin per terzo
Disser Chemelïo quel che mangia    8

La carne cruda, Dioniso. Ora voi
Con cuor propizio uditeci, deh, pregar,
Salvateci di questi affanni
E da un esilio penoso invero;    12

L’Erinni segua il figlio di Irra al fin
Di vendicarci, ché noi giurammo, un dì,
Sgozzando …
… dei compagni giammai nessuno,    16

Ma o giacer, mandati sotterra da
Chi allora era giunto a combatterci,
O farli fuori, per salvare
Dalle lor pene la gente nostra.    20

Ma quel panzone mai non parlò al cuor
Di quelli, ma con facilità pestò
I piedi sopra i giuramenti
E la città ci divora …    24

Illegalmente …
Di Atena la brillante
… scritto (?) …
Mirsilo …    28




…    32


Una preghiera di malaugurio, fatta ad Era (se la ricostruzione è giusta) perché riconduca Alceo in patria dall’esilio e mandi in rovina Pittaco, «il figlio di Irra», «quel panzone», che distrugge la città coi suoi soprusi. Con ogni probabilità si ha anche un riferimento al piano di cui sopra, nei giuramenti su cui egli ha pestato i piedi senza remore.

Νῦν χρῆ μεθύσθην καί τινα πρὸς βίαν
πώνην, ἐπεὶ δὴ κάτθανε Μύρσιλος.
Bisogna inebriarsi, e con forza ber,
Per festeggiar la morte di Mirsilo.


Un invito a festeggiare la morte d’un crudele tiranno.

Ἄγνοι̣ς̣ δ̣υ̣σ̣βιότοις δ̣υ̣ὶς ὀ τάλαις ἔγω
ζώω μοῖραν ἔχων ἀγροϊωτίκαν
ἰμέρρων ἀγόρας ἄκουσαι
καρ̣υ̣[ζο]μένας ὠγεσιλάϊδα,    4

καὶ β̣[ό]λ̣λ̣ας· τὰ πάτηρ καὶ πάτερος πάτηρ
κα‹γ›γ̣[έ]γ̣ηρας ἔχοντες πεδὰ τωνδέων
τῶν [ἀ]λλαλοκάκων πολίταν.
ἔγ[ω δ᾽ ἀ]πὺ τούτων ἀπελήλαμαι    8

φεύγων ἐσχατίαις· ὠς δ᾽ Ὀνομακλέης
ἔ̣ν̣θα[δ᾽] ο̣ἶος ἐοίκησα λυκαιμίαις
λ̣[είπων τ]ὸν [π]ό̣λεμον· στάσιν γὰρ
πρὸς κρέ̣[σσονα]ς οὐκ ἄ‹ρμε›νον ὀννέλην    12

.] . [. . .] . [. .] . μακάρων ἐς τέμ[ε]νος θέων
ἐοι̣[. . . . .] μ̣ε̣[λ]αίνας ἐπίβαις χθόνος
χλι . [.] . [.] . [.]ν̣ συνόδοισί μ᾽ αὔταις
οἴκημι κ[ά]κων ἔκτος ἔχων πόδας,    16

ὄππαι Λ[εσβί]αδες κριννόμεναι φύαν
πώλεντ᾽ ἐλκεσίπεπλοι, περὶ δὲ βρέμει
ἄχω θεσπεσία γυναίκων
ἴρα[ς ὀ]λολύγας ἐνιαυσίας    20

] . [.́] . [.] . ἀπ̣ὺ̣ πόλλ̣ω̣ν π̣ότα δὴ θέοι
].[    ]σ̣κ̣ . . . ν Ὀ̣λ̣ύ̣μ̣πιοι·
        ] . . . . . .
. ν̣α̣ [ ] . . . μ̣εν.    28
Rovinato gli dèi m’han, poveretto me:
Vivo con il destin d’un uomo rustico
E chiamare vorrei sentire
L’assemblëa, o tu Agesilaïde,    4

E il consiglio; da ciò che padre e nonno miei
Ebber mentre invecchiavan tra ’sti cittadin
Che distruggono l’uno l’altro,
Da questo ora io allontanato son    8

Esule in capo al mondo; come Onòmacle
Sol mi son stabilito fra i lupi qua
La battaglia lasciando; infatti
Piacevol non è chi più fort’è fuggir    12

… al tempio dei bëati dei
… sul suol nero posando i piè
… incontri stessi
Io vivo ed i piè tengo dai mali fuor,    16

U’ le Lesbiche con vesti lunghissime
Vanno e son giudicate per beltà, e vicin
Suona l’annüo urlo sacro
Di donne di qua, un dolce suono inver    20

… da molti un tempo inver gli dèi
… Olimpïi

…    24


Un lamento della condizione di esule che forse conteneva, nelle parti perdute, un’invettiva contro chi l’aveva esiliato, quali quelle viste sopra.
Saffo: la vita
Strabone dice che Saffo era contemporanea di Alceo, che nacque intorno al 620 o pochi anni prima, e di Pittaco, le cui date sono ~645-570; Ateneo la fa contemporanea di Aliatte, re di Lidia ~610-560. Il brano di Suda sotto il suo nome ha ‘γεγονυῖα nella XLII Olimpiade’ (612/608), la data data da Diogene Laerzio per il floruit di Pittaco: il termine γεγονυῖα denota occasionalmente la data di nascita nella Suda ma più spesso il floruit, ossia una data alla quale si poteva dimostrare che la persona era viva. Dato che Saffo andò in esilio in Sicilia prima del 595/4 e dato che pare aver avuto sua figlia con sé (fr. ae), è probabile che γεγονυῖα si riferisca al suo floruit e che sia nata intorno al 630 o prima. Questo combacia col brano di Eusebio, secondo il quale era famosa nel 600/599 o poco dopo.
Ci sono pochi dati certi sulla sua vita. Potrebbe esser nata a Ereso su Lesbo ma pare aver passato la maggior parte della sua vita a Mitilene (cf. Πότνια Ήρα). Suo fratello Larico versava il vino nel municipio là («Σαπφώ τε ἡ καλὴ πολλαχοῦ Λάριχον τὸ ἀδελφὸν ἐπαινεῖ ὡς οἰνοχοοῦντα ἐν τῷ πρυτανείῳ τοῖς Μυτιληναίοις» – cf. Eust. Il. 1205, 18s.). e Ateneo ci dice che il suo compito era svolto dai ragazzi delle famiglie migliori. La Suda dà il nome di suo marito, il ricco, Cercila di Andro, ma il suo nome insolito potrebbe essere la creazione di uno scrittore comico. Il suo esilio in Sicilia, il cui inizio è datato a un anno nel periodo dal 604/3 al 596/5, potrebbe indicare che la sua famiglia conduceva una vita politica attiva, e lei parla con apparente ostilità della nobile casa di Pentilo («φιλότατ᾽ ἤλεο Πενθιλήαν» [Quarto framm. di qui, v. 3]: v. anche «σοὶ δ’ ἔγω Κλέι ποικίλαν / οὐκ ἔχω πόθεν ἔσσεται / μιτράν<αν>· ἀλλὰ τὼι Μυτιληνάωι / …… / ].[ παι.α.ειον ἔχην πο.[ / αἰκε̣.η̣̣ ποικιλασκ….[ / ταῦτα τὰς Κλεανατίδα̣[ν / φύγας̣ †..ι̣σαπολισεχει† / μνάματ’· .ἴ̣δε γὰρ αἶνα διέρρυε̣[ν;» [Secondo frammento qui], fr. 79 [Beautiful gifts of the Muses]). Potrebbe riferirsi alla sua vecchiaia nel fr. 79 [Beautiful gifts of the Muses], 13-17; e Rodopi, con cui suo fratello Carasso formò un legame, si diceva fosse nata nel regno di Amasi (568-526).
Il suo stile di vita è stato soggetto a molta speculazione. La sua poesia dà prove inconfondibili di forti sentimenti omosessuali, e questo fu usato da scrittori più tardi per inferenze sul suo carattere e perfino sulla sua professione: cf. la biografia di Ossirinco: ‘era stata accusata da alcuni di essere irregolare nei suoi modi e un’amante di donne’; o la Suda: ‘si fece una cattiva reputazione per la sua amicizia impura con Attide, Telesippa e Megara’; Ovidio la fece parlare della sua bassa reputazione, e più o meno allo stesso tempo Didimo Calcentero si pose la domanda, ‘Saffo era una prostituta o no?’, e Orazio parlò ambiguamente di ‘mascula Sappho’. Si alzarono voci in difesa del suo carattere: un commentatore dedusse dalla sua poesia che ‘una buona casalinga e industriosa’ ([οἰ]κουρὸς καὶ [] φίλεργος). La questione è complicata dall’evidenza, solitamente trascurata, che era sposata e parlava amorevolmente di sua figlia nella sua poesia (cf. frr. 85 e ae [i due di qui]), e dalla storia, comunque sia nata, che morì di amore non corrisposto per Faone.
Solo una poesia completa sopravvive, l’Inno ad Afrodite, di nove libri di lirica; ma scrittori che conoscevano tutta la sua opera rendono chiaro che la maggior parte di essa era poesia d’amore: l’amore era il suo tema principale; ‘dedicò tutta la sua poesia ad Afrodite e gli Amori’ (Imerio). Quando si riferisce a figure mitologiche, spesso lo fa per illustrare le sue storie d’amore o quelle delle sue amiche. Il suo pubblico deve esser stato, solitamente, il suo circolo di donne e bambini: cf. fr. 11 [Fr. 1.I.vi], ‘Ora canterò queste canzoni in modo ben armonioso per deliziare le mie compagne.’ Potrebbe ben aver insegnato la sua abilità poetica a membri del suo gruppo: un commentatore della sua poesia dice che insegnava alle figlie della nobiltà Lesbica e Ionica; la Suda elenca tre ‘alunne’, tutte d’oltremare – da Mileto, Colofone e Salamina; e il suo riferimento a ‘la casa di quelli che servono le muse’ (μοισοπόλων <δόμῳ>, fr. ag [Terzo frammento qui]) suggerisce qualche tipo di associazione letteraria, quantunque informale. Le sue amiche erano cantanti: v. frr. k [I would marry, but I'm old], «Gongyla», «Arignōta», (v. nota); e derideva la donna che non aveva parte alle rose delle Muse (fr. 68 [Primo frammento qui]). Andromeda e Gorgo sembrano esser state cape di gruppi rivali.
Una piccola parte della sua poesia fu composta per un pubblico più vasto: i suoi epitàlami (frr. n [You were also a tender young child], o [qui], forse «Έκτωρ καί Ἀνδρομάχη», am [1.A.i], an [1.A.viii], 98 [Il portinaio], 91 [Imeneo], 99 [Sposo felice], 106[Un'altra fanciulla], 109[1.A.vii], 104[A chi ti paragono?], ap [Siate felici], 103[O lieta sposa], e immagine in nota [1.J.v] devono esser stati eseguiti a veri matrimoni a Lesbo, e il 62 [la "mourning song" di qui] è un frammento in forma di dialogo per adoratori di Adone.
Le opere di Saffo furono oggetto di attenzione scolastica dal tempo di Aristosseno al periodo dell’Impero Romano. Uno degli scolastici Alessandrini ordinò le sue poesie per metro in nove libri, col Libro 9 che conteneva gli epitàlami che erano esclusi dal loro metro dagli altri libri. Il Libro 1 da solo aveva 1320 versi, ossia 330 strofe saffiche, forse 60-70 poesie, ma il Libro 8 aveva solo 1/10 di quel numero di versi. Nulla sopravvive della poesia elegiaca menzionata dal biografo di Ossirinco, e i tre epigrammi ascritti a lei nell’Antologia Palatina probabilmente sono del periodo Ellenistico.

No comments:

Post a Comment